Mi viene da parlare di politica solo per constatare che di politica si può dire ben poco. Che cosa ha a che vedere questa fase con la polis e la sua vita? Di più, che cosa ha a che vedere con la società se non nel reticolato di grafici e di cifre che ci vede sempre più schiacciati da un modello economico iniquo e forse anche fallimentare? Troppo poco. Non si può dire niente, perché le scelte economiche degli ultimi anni hanno fatalmente determinato il collasso attuale, ma si può ripetere: troppo poco. Troppo poco con la qualità della vita, con la qualità del tempo, con la possibilità di costruirsi un futuro. E' stata una politica da poco che si è ridotta ad essere politica del niente, banale amministrazione di beni e merci, di cifre e rendiconti. Scrive Aristotele nella Politica: "E' chiaro che c'è una scienza cui spetta di cercare quale sia la migliore costituzione: quale più di ogni altra si adatta a soddisfare i nostri ideali quando non vi fossero impedimenti esterni; e quale si adatti alle diverse condizioni in cui può essere messa in pratica." Passino gli impedimenti esterni, che qualunque giurista in malafede può impugnare come giustificazione, ma quando mai la politica degli ultimi anni ha mai anche solo sfiorato il concetto di "soddisfare i nostri ideali"? Ognuno ha la sua risposta, che può essere cercata non solo nel giardino di casa, ma anche nei corridoi della madre Europa, così distante e algida, così iniqua e talvolta ipocrita nell'imboccare la strada sbagliata salvo poi mordersi il labbro e accusare tutto e tutti fuorché il proprio impianto ideologico (perché anche il capitalismo sfrenato è un'ideologia). Abbiamo avuto a che fare con impedimenti esterni continui e duraturi, con contingenze sempre sbagliate, con momenti sempre difficili, con sacrifici sempre onerosi. Con cambiali in bianco, firmate da padri spendaccioni, che dovranno saldare i figli. Fino al paradosso del governo tecnico, dove la tecnica, cioé un non meglio precisato strumento imparziale, dirige la politica, con buona pace di Platone, che per contro aveva già individuato la politica stessa come "tecnica regia", tecnica che deve guidare tutte le altre per il bene della comunità. Questa ennesima inversione, questo spaventoso equivoco, non è solo uno scambio di ruoli dettato dalle esigenze economiche (ne esistono altre?) del momento, ma un grande smottamento a valle della facoltà di un popolo di autodeterminarsi, e di scegliere. E di scegliere anche in base ad ideali e soprattutto ad idee.
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