Altra notizia stupida, di cui forse farei bene a non parlare. Ma mi urta, e quindi ne scrivo. Siamo ancora a Miss Italia. Concorso di bellezza. Ragazzine in sfilata. I tempi si aggiornano: ora devono dimostrare cultura, interessi, più il mantra dei mantra: cantare, ballare, recitare. Come prendere un cadavere e imbellettarlo sotto chilometri di cerone per renderlo presentabile alla folta e ingenua platea ancora disposta a bersi queste sciocchezze. L'obbrobrio non sta tanto nel concorso di bellezza in sé, che è una delle tante idiozie che ci trasciniamo dietro dalla notte dei tempi, ma in questo tentativo insieme patetico e rivelatore di aggiornare il copione, pasticciando i termini, confondendo le acque con una spolverata di alfabetizzazione e una patina di moralismo.
A questo proposito cito testualmente dal sito di Repubblica la dichiarazione della patron dell'iniziativa (che poi chissà che caspita è un patròn con l'accento sulla "o"): "Le concorrenti di quest'anno sono molto legate ai valori della tradizione, parlano spesso dei padri e da questo traspare un bisogno di avere come punto di riferimento una figura forte." Tre rapide considerazioni, che prescindono dalla povertà grammaticale dell'assunto. Non so a quale tradizione si faccia riferimento. Parlare spesso dei padri può anche essere segno di prematuro rincoglionimento. Avere bisogno di una figura forte (per di più maschile, perché mamma, si sa, è debole) non è detto sia questo granché.
Ma veramente l'alfabetizzazione di massa ha prodotto questi mostri? Ma sai che rimpianto per un sano analfabetismo dichiarato, che non ha bisogno della maschera pacchiana di una laurea o di un gerundio per mostrarsi al mondo, e che invece accetta di rivelarsi per ciò che è: una cosa anacronistica e un po' turpe: un concorso di bellezza. Ma quella frase dice anche di più: nell'invito a rifugiarsi tra le gambe di papà, nel recuperare questa non meglio specificata tradizione, si solletica quanto di più grettamente paternalistico e conservatore alberghi nei cuori del pubblico. Per questa gente, per questi patroni, per la Rai e sicuramente per una buona fetta di Italia, siamo fermi agli anni '50: è questo il dato allarmante. Niente '68 (che può piacere o no ma che c'è stato), niente referendum su divorzio, aborto, niente crisi delle vocazioni, niente emancipazione femminile.
Niente di preoccupante, tutto pacificato, tutto normalizzato. La volgarità cambia nome e indirizzo, ma resta la stessa di un programma della domenica pomeriggio. L'emancipazione femminile, tutt'al più, passa attraverso la laurea triennale in scienze bancarie, con la benedizione di papà (e di mamma se proprio vogliamo mettercela), e tutti sono contenti. E per non dire che queste cose non servono a niente, eccoti pronto un posto di lavoro: Miss cinema avrà diritto di partecipare al nuovo film di Vincenzo Salemme. Mica di finire nelle mani di qualche scalmanato alla Kubrick.
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