Bar Sport è un libro piccolo piccolo, pubblicato sul finire dei Settanta, una delle prime prove di Stefano Benni. Si presenta come libro comico: situazioni paradossali, apologhi sgangherati, personaggi ora buffi ora grotteschi che girano attorno al microcosmo di un bar di provincia, dove le stagioni passano e le tipologie umane restano più o meno quelle. C'è il vecchio, c'è il ragazzo di bottega, c'è il ragioniere, c'è la cassiera. Su tutto regna un'aria di sconforto misto a rassegnazione, ragion per cui la parabola comica finisce per diventare cupa, a tratti sgradevole, ritratto di una società italiana ai margini, priva di prospettiva, fatalmente inscritta nel circolo vizioso delle abitudini. Bar sport non è una lettura da sottovalutare. Sotto la patina della risata ora facile ora più arguta, si cela un sottoinsieme malinconico e debordante, dove le frustrazioni si mascherano da goliardate, e dove il generale senso di impotenza e inutilità alla fine domina su tutto. E vince. Tra le pareti del bar, tra un biliardo e un caffè, si consuma la vita di generazioni intere, comicamente al palo, debolmente affidate al flusso delle cose. Come spesso accade negli scritti del primo Benni, il mezzo comico è un espediente per parlarci della nostra parte debole. La leggerezza è poco più di un gioco letterario, dietro cui muoiono speranze e in cui, per citare Tenco, i sogni sono solo sogni e l'avvenire è ormai quasi passato. Se pensiamo a che cosa sono oggi i libri così detti comici, con Benni riscopriamo una dimensione della risata più duratura, capace di attraversare i decenni, le mode, le tendenze per ripresentarsi oggi, a più di trent'anni di distanza, con ancora qualcosa da dire. Non ci sono riusciti libri e saggi dalle altissime e dottissime pretese.
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