L'intellettuale militante è l'uomo di pensiero che non appartiene all'accademia. Milita, come dice la parola, in territori pericolosi, al margine del mondo autoreferenziale di toghe e buffi copricapi. Ha un rapporto diretto con i lettori e con altri intellettuali, perché è un'anima esposta, che non ha protettori, padrini, sindacati, guardaspalle. Non ha nessuno, se non la sua coscienza e la sua libertà d'azione: che è teoricamente illimitata, ma che si scontra quasi sempre addosso ai muri delle consorterie, delle lobbies, delle trame di potere. L'intellettuale militante appartiene ad una specie in crisi. In Italia ne abbiamo avuti di grandissimi, oltre a Calvino, Moravia e via discorrendo, ci sono stati Flaiano, Manganelli... Oggi penso a Goffredo Fofi, ma insomma, la carica si è via via sfoltita, falcidiata dalle entrate a gamba tesa di uno stato ipertrofico, che anche quando si dichiara liberale non fa che aumentare carte bollate, certificati, specifiche e in generale steccati su steccati. La cultura parcellizzata, la cultura dei corsi e degli attestati di frequenza è un modo come un altro di estendere i controlli e di imporre un pensiero unico e inamovibile. Sarà sempre peggio perché gli intellettuali di domani non sapranno più nemmeno distinguere una cultura di stato da una cultura libera e creativa: e l'intellettuale diventerà sempre più spesso cortigiano, o semplicemente automa, incapace di pensiero autonomo, di elaborazione personale e critica delle informazioni. E il bello è che nessuno fa niente: non una voce che si levi, reclamando dignità ed elementare diritto di esistere, non una voce dissonante. Sono tutti perfettamente nel coro, ammaestrati a ripetere la loro parte e solo quella, magari accarezzati dalle lusinghe di un rettore o di un qualche potente. In questo ragionamento una mano mi viene offerta curiosamente da un accademico: uno di quelli illuminati però, tant'è che è morto e sepolto da un pezzo. Scrive Isaiah Berlin nel suo saggio Le idee politiche del ventesimo secolo: "... gli scettici, i liberali, gli individui che amano ritagliarsi uno spazio privato e seguire modelli di comportamento propri, interiori, se non si preoccupano di identificarsi con qualche movimento organizzato sono temuti o derisi o perseguitati da entrambe le parti ed esecrati o disprezzati da tutti gli eserciti in campo [...] Nel mondo di oggi la stupidità e la malvagità sono perdonate più facilmente della mancata adesione a un partito o a un atteggiamento riconosciuto, o del mancato conseguimento di uno stato politico, economico o intellettuale accettato." Eravamo nel 1950.
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