Il linguaggio politico italiano ha sempre cercato di rendere a parole il vuoto, dalle famose "convergenze parallele" fino al buffonesco "meno tasse per tutti" di più recente memoria. L'esercizio retorico ha una sua nobile radice storica nel pensiero classico, da Platone ad Aristotele, fino alla pratica politica di Robespierre e Danton. Tutto bene, almeno fino a quando il groviglio di suoni e concetti non finisce per staccarsi dall'oggetto di cui la politica dovrebbe occuparsi: i cittadini e la società. Nelle ultime settimane lo slittamento delle trame oratorie dei politici italiani ha avuto un brusco scossone, uno smottamento di entità consistente. Le parole del presidente Monti rappresentano un imponente monumento alla sintassi, un andirivieni di sfumature, sinonimi, glosse, rimandi, messaggi impliciti. La squallida prosa di un Berlusconi, tanto per dire, tutta banalità e slogan, impallidisce di fronte agli arabeschi del Professore, che è capace di velare il proprio pensiero dietro una cortina talmente fitta di fumogeni verbali da rendere impossibile una comprensione univoca da parte di chi ascolta. Ascoltandolo e riascoltandolo, leggendolo e rileggendolo, si capisce che in realtà non esiste un bandolo: le parole sono concatenate le une alle altre per pure e impeccabili esigenze grammaticali, le proposizioni si susseguono morbide e intricate, ma senza un vero peso specifico: nelle loro ampie e soffici volute sono e restano leggere, prive di peso. Potrebbe andare avanti per ore, il Professore, e non riuscirebbe a chiarire un bel niente, ma solo a lavorare altra tela, a tessere nuove ipotesi e nuovi scenari di senso che l'uditore potrebbe intendere almeno in due o tre o quattro modi diversi. La lentezza, i modi pacati, la cadenza soporifera fanno il resto. Si sa che in Italia se uno è ritenuto autorevole lo è per sempre. E sotto la densa coltre di enigmi lessicali che il Presidente cucina per noi ad ogni suo intervento, serpeggia uno spettro antico, e molto italiano: dire e non dire, in conformità con quello standard intellettuale che si è assestato a metà strada tra Machiavelli e la Democrazia Cristiana. Un luogo dove tutto è reversibile, tutto è al tempo stesso detto e non detto, fatto e non fatto. Soprattutto, "né di destra né di sinistra". I ragionamenti della nostra nascente intellighenzia approdano tutti ad un bianco neutro dove la pagina è sempre bianca, e niente è come sembra, perché ogni cosa è al tempo stesso vera e falsa, presunta e certa.
0 commenti:
Posta un commento