L'appannata vicenda Strauss Khan sono riuscito a leggerla solo in chiave romanzesca. In una palude di vaghezze e imprecisioni, di detti e contraddetti, ciò che è evidente - e in qualche modo inconfutabile - sono solo i fermo immagine che hanno accompagnato questo fatto di cronaca. Il ceffo fresco di arresto, con tanto di impermeabile da duro e aria stazzonata, il leader che imposta personalmente la linea di difesa, la vecchia volpe che sfila come su un'improbabile croisette al fianco della moglie nel giorno della liberazione. Sono immagini che faccio fatica a ricondurre ad una sola persona: solo elementi diseguali che non combaciano, tessere sparpagliate che in comune hanno solo un nome. Nemmeno una fisionomia, che è cambiata e si è modellata quasi ora per ora. Colpevole? Innocente? Vittima di una macchinazione o gran burattinaio? Non lo sapremo mai. Uomo dalle mille risorse, economiche ma anche caratteriali, questo è certo. In lui vedo un grosso potenziale narrativo: è un duro in un romanzo hard boiled, un attempato Lucifero, ma anche un personaggio stendhaliano, gran signore e gran furfante, simpatico scavezzacollo e astuto calcolatore. C'è di tutto in Dominique Strauss - Khan. La sua figura si arricchisce di tratti che hanno più a che vedere con il romanzesco che con il cronachistico: la sua parabola rientra in un filone che solo con grande fatica può essere ancora contenuta nell'angusta fraseologia giornalistica. Il suo carattere deborda, esce dagli argini, insinua dubbi, seduce con quel non so che di impunito che alberga nello sguardo. I soldi, certo, ma anche la tattica, la capacità di continuare la mano anche quando le carte dicono male; in Strauss - Khan astuzia da giocatore e prepotenza da intoccabile si confondono in modo pericoloso. Lo vedi sfatto la sera dell'arresto, lo ritrovi in tenuta da combattimento qualche ora dopo, durante la prima udienza. Sembrava finito, è risorto. Il mondo gli ha sputato in faccia e lui se l'è cavata con una scrollata di spalle, con una combinazione affascinante e tremenda di sangue freddo e ostentazione, autocontrollo parossistico e piglio da primo della classe. Lo avevamo dato quasi tutti per spacciato, e nel giro di qualche settimana ci ha instillato un'incertezza. Una sola. Che nella patria del ragionevole dubbio pesa come un macigno. E un triste sospetto: che i soldi abbiano vinto anche questa volta.
0 commenti:
Posta un commento