Vexata quaestio quella della
sicurezza. La parola nasce da una locuzione latina relativamente
remota, sine cura, filtrata dal più tardo securus per
uno dei soliti fenomeni di assimilazione. Oggi è tutta una ricerca
di sicurezza: dalla malattia, dai pericoli, dal diverso, dal tempo
che passa. Un bisogno spasmodico di aggrapparsi a qualcosa che è uno
dei tratti più evidenti e vividi di quest'epoca di mezzo. Un tratto
umano troppo umano che accompagna la nostra storia da sempre si può
dire, fino a diventare uno degli aspetti dominanti del dibattito
pubblico dell'epoca Covid. Ecco che “in sicurezza” diventa la
formula magica che ci consente di ripartire. Qualche mascherina, un
po' di distanziamento, un po' di gel da spargere come unguento
magico. Il rapporto che ormai si è creato con le parole, in epoca di
tecnica e scientismo morboso, è appunto di tipo magico, cioè
miracoloso e irrazionale. “In sicurezza!” E Sesamo si apre.
“Scienza!” e la verità si palesa. E' sorprendente come ormai
pretendiamo di risolvere tutto attraverso le parole e come la
comunicazione abbia assunto un ruolo decisivo di riscrittura della
realtà, o se si preferisce di riordinamento in chiave sociologica di
tutta la massa di riferimenti e dati empirici prodotti da una nuova
etnologia di massa che avrebbe fatto impallidire il povero Durkheim.
Non esiste politico che non parli
attraverso slogan. Non esiste azienda che non si fondi su parole
d'ordine. Chiamiamoli pure hashtag o come ci pare, sempre parole
sono. Tendenze che a volte durano lo spazio di poche ore o poche
settimane: comunque grumi di suono che riassumono una paura
collettiva e la esorcizzano. “Andrà tutto bene”: fa niente se
poi è andato tutto male, il rito apotropaico della verbalizzazione
ha svolto il suo compito. La sicurezza è solo l'ultima delle
preghiere atee del nostro tempo. Giaculatorie prive di un dio
riconosciuto, ma destinate al vasto pantheon contemporaneo dove
alligna di tutto e tutto trova il suo altare, un po' come nel tardo
Impero, quando Roma faceva del sincretismo uno stile di vita al punto
da offrire ai Cristiani la possibilità di includere quella loro
strana divinità nel novero di tutte le altre. Una opzione tutto
sommato di ampie vedute da parte dei loro futuri persecutori.
Diversi secoli dopo, ci ritroviamo in
un territorio non del tutto dissimile. La strana ideologia che sta
prendendo il posto del Cristianesimo reclama un certo numero di
preghiere e parole chiave: e in questo senso “sicurezza” ha tutte
le carte in regola per avere un posto d'onore. Sine cura. La chiave
che rivela il senso attuale del termine è esattamente nel suo
doppio, nel rovescio della medaglia occulta di un'epoca che fa
dell'esaltazione della cura individuale uno dei suoi assiomi
portanti. Il culto del singolo, la ragione del singolo,
l'affermazione del singolo. Non è solo la conclusione ovvia di un
processo iniziato con il postmoderno – preconizzato da un famoso
ciclo di lezioni di Michel Foucault al Collège de France – ma
l'inevitabile conseguenza della liquefazione delle società
occidentale, che non può più permettersi salvazioni collettive e
allora ripiega sull'iper responsabilizzazione del singolo e al tempo
stesso sulla sua esaltazione come unico riferimento normativo. Cos'è
questa sicurezza che cerchiamo? La risposta sarà per forza di cose
individuale, come ormai tutto il resto. Le aspettative del singolo,
le priorità del singolo e in mezzo una vasta battaglia per
accaparrarsele, a discapito di chiunque altro. Resta da vedere come
questa idea abbastanza inedita nella storia dell'uomo del “volersi
bene” (o con l'attenuazione del “volersi un po' più bene”
come se non ce ne volessimo già anche troppo) andrà ad armonizzarsi
con la sicurezza collettiva. Finora ci stiamo barcamenando con l'idea
che tante sicurezze individuali alla fine costituiranno una qualche
sicurezza generale (un po' come la formula ipocrita del “se non
sono felice io non posso fare felici nemmeno gli altri”), ma non è
detto che alla lunga questa ennesima narrazione funzioni. Perché
dire “in sicurezza” in fondo non significa niente. Ognuno ti dirà
la sua versione. Ognuno ha il suo modo di essere sicuro e di rendere
sicuri gli altri, non ultimo quello di berci sopra. Come qualcuno mi
disse un giorno: “I can't have someone else's need and expectations
but mine”.
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