L'operazione anestesia promossa da uno dei governi più improbabili della storia della Repubblica procede alla grande. Il lento ricomporsi della politica nella formazione plumbea che oggi abbiamo al comando ha finora ottenuto un unico risultato: quello di allontanare gli elettori. Non più soltanto per schifo, ma proprio per sfinimento. Il grande compromesso che ha tolto qualsiasi significato al voto del cittadino ha rappresentato qualcosa di più di una promessa disattesa. E' stata un'azione ipocrita, ma in perfetta linea con una concezione statale che ha sempre vissuto il potere come la gestione sparagnina e clientelare dell'interesse pubblico, la politica del manuale Cencelli, il solito gattopardesco "che tutto cambi perché nulla cambi". E così, con un po' di tempo e di pazienza, e soprattutto con la fidata scorta di larga parte dei media, si può accomodare tutto, anche l'incongruo: l'abbraccio mortale del Pd con il Pdl, lo scandalo dei voti di centrosinistra dirottati verso la destra più invisa, e il contemporaneo sdoganamento dell'uomo che più ha fatto per logorare le fondamenta della Repubblica. Tutto digerito, tutto metabolizzato. E pazienza se il governo in carica è strutturalmente impossibilitato a fare alcunché di incisivo, in quanto nato sotto lo scacco di forze uguali ed opposte. Intanto, ripeto, il primo risultato importante l'ha già ottenuto: quello di annacquare quel poco di fermento che andava agitandosi nella società civile. Un piccolo refolo di indignazione, di risveglio delle coscienze che rischiava di turbare i sonni dei grandi manovratori, artefici massimi di quel patto non scritto e non detto che vuole sempre una specie di bilanciamento permanente delle parti. Ed è un peccato, perché l'elettorato del Pd che non è così, ma è in genere meglio dei suoi rappresentanti, di sicuro una cosa ce l'aveva ben chiara: sapeva che cosa non voleva, il frutto avvelenato che puntualmente i suoi teorici rappresentanti eletti hanno realizzato, e nella maniera peggiore, con un colpo di mano. Il calo di affluenza alle urne è fisiologico: dopo quanto accaduto alle politiche, è chiaro che il voto è manipolabile. Insomma: votare non è una cosa seria. Sono le stesse massime cariche elette a dircelo.
stasera paga lui
giovedì 16 maggio 2013
Pubblicato da
Ariberto Terragni
C'è una trama parallela dietro l'abbagliante squallore delle così dette cene eleganti. Al di là delle implicazioni giudiziarie. Ed è un insopportabile sentore di frivolo, di canzonetta scacciapensieri più che di orgia trimalcionesca. Perché se il problema giudiziario è stabilire il confine tra lecito e illecito sessuale, la questione politica, morale e civile è di altro grado, ed è capire se oggi l'Italia ha abbastanza rispetto di se stessa da non accettare più gli umori padronali di un monarca assoluto. Non parlo solo di Berlusconi e della sua corte, ma di qualsiasi Padrone con qualsiasi codazzo di dignitari. Lo dico subito, secondo me la risposta è no. Una maggioranza relativa molto rumorosa ha decretato che le cose vanno bene così. E che oggi, in Italia, la rappresentazione del potere nella sua veste più volgare e scadente è perfettamente possibile e sopportabile, perché in costante sintonia con i sogni, le aspirazioni e in generale l'umore di gran parte del paese. L'uomo ricco e potente di stampo rinascimentale (ma non solo, anche in anni più recenti) oltre agli stravizi, era solito coltivare la frequentazione di scienziati, artisti, intellettuali. Erano occasioni di incontro che avevano ricadute sulle scelte politiche e in generale sulla vita dei cittadini. Il denaro e il potere cioè avevano uno scopo che andava oltre il denaro e il potere stessi. La vera rivoluzione berlusconiana sta proprio nell'aver inteso il denaro come qualcosa che in fondo non porta a nulla, se non alla conservazione pura e semplice del vizio come categoria esistenziale. Per paradosso, i soldi di Berlusconi non servono a niente. Le sue aziende, nel momento stesso in cui la stampella della politica scricchiola, sono sempre sul punto di dissolversi. Le scelte politiche della sua amministrazione, a guardare con distacco, sono sempre state puerili, insufficienti, o apertamente ridicole. Lo spessore, se così si può dire, se lo sono costruito attraverso la reiterazione del messaggio a mezzo televisivo, sia diretto (con le reti di proprietà), sia indiretto, con la dialettica tautologica delle tribune politiche. E se per un attimo si prova a intravedere un nesso tra la cena elegante e la politica che le fa da corrispettivo, si getterà lo sguardo su un puro vuoto che in definitiva non chiede altro che spazio; un vuoto coerente, che da trent'anni non fa che ripetere le stesse identiche cose: poche, semplici parole d'ordine che hanno avuto come unica missione quella di rimuovere la realtà sostituendola con la sua parodia. E la cena elegante, persino nella sua versione annacquata e bonaria, si presenta come la sintetica, plastica rappresentazione di questo allucinante sistema di potere.
il papi della Patria
giovedì 9 maggio 2013
Pubblicato da
Ariberto Terragni
La
nomina di B quale presidente di questa nuova, fantomatica commissione
sulle riforme costituzionali non mi sembra poi così folle. Almeno
non in un sistema politico alla rovescia come quello in cui viviamo.
Chi più di lui può dirsi padre di questa patria? Chi più di lui
può dire di averla plasmata, identificata, portata alla luce nei
suoi recessi più inconfessabili? Ha sdoganato l'indicibile, ha
incarnato se non proprio inverato tutta la surreale sguaiataggine del
sogno italiano, il sogno del furbo, del gradasso che la spunta
sempre. Il sogno dell'impunito gaudente tutto fumo e apparenza, dei
soldi come sintesi di ogni valore e del potere disinvolto che
nasconde la faccia feroce dietro i modi affabili e le canzonette da
crociera. Ed è suggestivo e malinconico insieme che questo sogno,
nel giro di vent'anni, sia diventato un incubo sia per chi lo ha
sempre avversato sia per chi ci ha creduto e ancora ci crede.
Dunque,
perché negargli questa presidenza? Ieri ha detto che scherzava, il
burlone, ma domani potrebbe ripensarci, e dire che gli spetta, tanto
le parole non hanno mai avuto senso per lui. O ce l'hanno avuto solo
nella misura in cui possedevano un potere persuasivo, di pura
televendita. Le vesti stracciate di questa sinistra che si è
rivelata la sua migliore alleata, francamente, non contano più
nulla. Ma, ripeto, sono dettagli privi di importanza: questa
presidenza se l'è proprio meritata, diamogliela, lasciamogli
completare l'affondamento, che tanto di riffa o di raffa Lui c'è
sempre, prende sempre carrettate di voti, e anche quando ne prende di
meno alla fine un accordo si trova sempre. In piena democrazia,
ovvio. E allora sotto con le commissioni: togliamola di mezzo questa
Costituzione, diamogli carta bianca. Tanto del conflitto d'interessi
chi se ne frega, delle politiche personalistiche che hanno affossato
l'Italia idem. Cassiamo tutto: processi, cene eleganti, stallieri.
Azzeriamo il conto, che tanto qui non ne usciamo più, diamogli
l'immunità, un maxi finanziamento pubblico per le aziende di
famiglia, e già che ci siamo anche il potere temporale e
l'infallibilità ex cathedra. Che tanto, è per davvero il padre di
questa patria: è il suo campione più attendibile e più
rappresentativo, l'uomo più votato degli ultimi vent'anni e mica per
scherzo. Sia fatta democrazia dunque: hai vinto. Solo una richiesta:
sparisci per un po' dalla circolazione, prenditi una vacanza senza
telecamere al seguito, ordina alle tue falangi di non nominarti per
qualche giorno. Un po' di disintossicazione, credimi, farà bene a
tutti.